201802.05
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Usura Sopravvenuta

L’arresto della Corte di Cassazione a SS.UU. sull’usura sopravvenuta – nota a sentenza

 “Allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura come determinata in base alla disposizioni della legge n.108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo il fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto”

Quanto sopra è come si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 24675 del 19-10-2017, su un annoso problema che ha visto file di operatori del diritto contrapporsi negli ultimi venti anni in merito alla modalità di applicazione della disciplina prevista dalla L. 108/96 (c.d. legge antiusura), legge che ha fissato i criteri oggettivi per la determinazione del carattere usurario degli interessi e che ha sostituito il precedente impianto normativo penale, basato esclusivamente sul requisito soggettivo dello “stato di bisogno” del finanziato.

Più precisamente, la surriferita norma ha modificato l’art. 1815 comma II c.c., prevedendo ad oggi che: “se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.

Ebbene, la Suprema Corte è stata interessata del quesito inerente l’applicabilità o meno delle norme della Legge n. 108 del 1996 ai contratti di mutuo stipulati prima dell’entrata in vigore della citata legge e che possano dar corso all’insorgenza della c.d. usura sopravvenuta.

Con tale termine suole intendersi il fenomeno patologico con il quale un negozio, ab origine conforme ai dicta imposti ex art. 1815 c.c. e della Legge n. 108 del 1996 soffra, in corso di esecuzione, di usura. Ciò infatti accade allorquando nel corso del tempo, a causa dell’adeguamento dei tassi, il tasso originariamente pattuito sfori il tasso soglia previsto ex lege.

Gli Ermellini tuttavia, nell’esame della questione sottoposta, hanno chiarito che il problema della configurabilità di una “usura sopravvenuta” si pone non soltanto con riferimento ai contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della Legge n. 108 del 1996, ma altresì ai contratti successivamente stipulati con tassi di interesse che superano il tasso soglia solo nel corso del rapporto sinallagmatico.

Di tant’è, che successivamente all’entrata in vigore della Legge Antiusura, la giurisprudenza di legittimità iniziò ad orientarsi per l’applicabilità dei canoni dettati dalla novella altresì ai rapporti pendenti. Tale interpretazione impose la necessità di intervento del Legislatore.

Venne quindi emanato il Decreto Legge n. 394 del 2000, che all’art. 1, comma 1, con funzione di norma di interpretazione autentica della Legge Antiusura, sancisce che: “Ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p., e dell’art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”.

Nonostante gli sforzi profusi dal Legislatore, si creò tuttavia un contrasto apprezzabile in seno alle sezioni semplici della Suprema Corte che si specchiava anche negli orientamenti delle Corti di merito.

Da un lato infatti, si riteneva che non potesse configurarsi usura sopravvenuta.

Ciò in quanto la norma d’interpretazione autentica attribuisce rilevanza, ai fini della qualificazione del tasso convenzionale come usurario, al momento della pattuizione dello stesso e non al momento del pagamento degli interessi.

Sicché non potrà trovare accoglimento una pronuncia di nullità parziale relativamente a quei contratti in origine conformi alla normativa illo tempore vigente.

Di contro, si affermava l’incidenza della nuova legge sui contratti in corso alla data della sua entrata in vigore, omettendo tuttavia di prendere in considerazione la norma d’interpretazione autentica di cui al D.L. n. 394 del 2000. Di modo che, caso per caso, la clausola relativa agli interessi usurari veniva ritenuta usuraria con conseguente sostituzione automatica ai sensi e per gli effetti degli artt. 1319 c.c. e 1419 comma II c.c., con il tasso soglia convenzionalmente pattuito.

Ovvero, in più drastiche decisioni, si riteneva altresì che il negozio dovesse intendersi – ai sol fini sanzionatori –  gratuito, con conseguente restituzione a carico dell’Istituto di credito, degli interessi riscossi nel corso dell’intero rapporto negoziale.

Come supra accennato, con la sentenza in commento le Sezioni Unite hanno sposato il primo degli orientamenti citati.

Gli Ermellini hanno infatti ritenuto, in primo luogo, insussistente la tesi dell’illeceità della c.d. usura sopravvenuta.

Ciò in quanto, innanzitutto l’unico limite esplicito all’usura è contenuto nell’art. 644 c.p., che disciplina l’impianto penalistico di rilievo.

Diversamente sotto il profilo civilistico, il divieto all’usura è contenuto, nel citato art. 1815 II comma c.c.

Vi è tuttavia da rammentare che quest’ultimo presuppone una nozione di interessi usurari definita altrove, ossia, di nuovo, nella norma penale integrata dal meccanismo previsto dalla L. 108/96.

Soggiunge la Corte che: “sarebbe pertanto impossibile operare la qualificazione di un tasso come usurario senza fare applicazione dell’art. 644 c.p.; “ai fini dell’applicazione” del quale, però, non può farsi a meno perché così impone la norma d’interpretazione autentica – di considerare il “momento in cui gli interessi sono convenuti, indipendentemente dal momento del loro pagamento”.

Sicché, l’interpretazione offerta dal secondo orientamento citato si appalesa contra legem, tenendo altresì conto della ratio sottesa l’emanazione della L.108 del 96, volta a contrastare il fenomeno usurario. Il tasso soglia infatti, non ha funzione calmieratrice del mercato ma rappresenta lo specchio dei mercati stessi, posto che viene calcolato periodicamente tenendo a riferimento i tassi medi praticati dagli operatori.

Ma non solo.

Si dà atto nella sentenza in lettura, che, conformemente alle regole generali di interpretazione dei contratti, è necessario valorizzare il profilo della volontà delle parti al momento di sottoscrizione del negozio. Si precisa nella sentenza in commento, che: “far salva la validità ed efficacia della clausola contrattuale non significa negare la praticabilità di altri strumenti di tutela del mutuatario previsti dalla legge, ove ne ricorrano gli specifici presupposti; significa soltanto negare che uno di tali strumenti sia costituito dalla invalidità o inefficacia della clausola in questione”.

Ne discende, che l’eventuale superamento del tasso soglia dell’usura al tempo del pagamento (e non alla data di sottoscrizione), non comporta la nullità o l’inefficacia della corrispondente clausola contrattuale o comunque l’illiceità della pretesa del pagamento del creditore.

Ai fini di completezza, la Suprema Corte esclude altresì che, la richiesta di pagamento formalizzato dal mutuante possa configurare un’ipotesi di lesione del principio di buona fede oggettivo e correttezza.

Argomenta in tal senso, che la violazione della buona fede è riscontrabile solamente nelle particolari modalità dell’esercizio in concreto del diritto soggettivo, che siano appunto scorrette in relazione alle circostanze del caso.

Pertanto, non si può qualificare scorretta la pretesa in sé degli interessi superiori al tasso soglia, in quanto, nascenti da un diritto validamente riconosciuto dal contratto stesso, valido ed efficace tra le parti.

Alla luce di tutto quanto sopra, i Giudici della Suprema Corte hanno quindi enunciato l’importante principio di diritto secondo il quale è esclusa l’illiceità dell’usura sopravvenuta nel nostro ordinamento giuridico, con evidente sgravio del contenzioso bancario, che aveva registrato negli ultimi anni una serie infinita di cause standard decise a seconda del Foro in modo o in un altro, con evidente crescita dell’incertezza giuridica

Avv. Vanessa V. Vianello